Le grandi corna a lira, il manto bianco grigiastro, il portamento fiero e robusto tipico dell’animale selvatico sono le caratteristiche distintive del simbolo per eccellenza della nostra Maremma, territorio storico che per secoli ha custodito un patrimonio zootecnico unico e leggendario: la vacca Maremmana. Percorrendo la strada che porta alla spiaggia di Marina di Alberese, a pochi passi dal nostro Agriturismo Maremma Magnaboschi, è possibile osservare il lavoro dei mandriani di Maremma, i mitici Butteri, che con i guardamacchia, la lacciaia e l’uncino conducono al pascolo le mandrie di questo splendido animale, per accompagnarle a cotrappasso, tra aucchi e schiocchi sulle loro cavalcature, verso pascoli più verdi. Rustica e frugale la vacca Maremmana è estremamente robusta, resiste alle malattie e ai parassiti, sa difendersi da eventuali predatori ed è anche molto resistente alla siccità, pascola in ogni stagione su terreni aridi sfruttando risorse alimentari di cui altre razze bovine non riuscirebbero a nutrirsi. In realtà esistono pareri discordi sull’ origine della razza. Alcuni dicono che discenda da razze indoeuropee che nei secoli scorsi, provenendo dall’Asia minore, hanno attraversato l’Europa orientale e, una volta valicate le Alpi e gli Appennini, si sono stabilite nei territori attuali incrociandosi con razze autoctone. Un’ eredità delle” invasioni barbariche”, per noi che le abbiamo subite o delle “migrazioni dei popoli” come le chiamano al di là delle alpi, tanto che sembra che provengano dalle steppe dell’Europa orientale in Podolia (una regione dell’odierna Ucraina).
[caption id="attachment_8697" align="alignright" width="300"] Affresco della taurocatapsia rinvenuto nel palazzo di Cnosso[/caption]Ma molti autori negano quest’origine rilevando che i bovini macroceri (dalle lunghe corna) sono documentati nel Mediterraneo a partire dal Neolitico, convivendo con il progenitore selvatico Bos primigenius. La teoria, supportata da recenti scoperte dei genetisti, suggerisce che i bovini podolici erano già presenti nel bacino del Mediterraneo nel III millennio avanti Cristo. Quelli che Plinio, nella sua Storia Naturale, chiama bos silvestris e che già gli Etruschi allevavano proprio in queste terre. In effetti il vaso a testa di bovino risalente al II millennio a.C., rinvenuto nel palazzo di Cnosso, a Creta, conservato nel museo di Iraklion, a Creta, suffragherebbe tale ipotesi. Probabilmente la teoria dell’origine podolica dei bovini macroceri deriva dall’errata interpretazione di un passo dell’ Historia Longobardorum di Paolo Diacono (720-799 d.C.) nella quale si fa riferimento a bovidi dalle grandi corna (che chiamava però Bubalus, bufalo). Sembra invece che la maggioranza dei bovini al seguito dei barbari fossero dei brachiceri (corte corna).
Ma al di là della loro origine esse incarnano in tutto e per tutto il carattere fiero e selvatico della nostra terra, ed osservarle libere a pascolare sulle pianure dell’alta Maremma ci nutre sensazioni ataviche di libertà, fierezza e nostalgia, che ci riportano ai tempi in cui l’animale era parte integrante e necessaria della nostra vita. Infatti la Vacca Maremmana era utilizzata in passato soprattutto come animale da lavoro, proprio per la sua rusticità, forza ed adattabilità; col tempo questa sua funzionalità che la rendeva fondamentale alla vita agricola è venuta meno ed attualmente è allevata per la produzione di carni di alta qualità. Ne rimangono circa 10.000 esemplari distribuiti fra l’Alta Maremma (la nostra Maremma) e la Maremma Laziale, libere di pascolare nei vasti prati e nelle macchie mediterranee, accudite dai butteri che mantengono viva con passione una tradizione d’altri tempi, patrimonio unico ed insostituibile della nostra cultura.
[caption id="attachment_8693" align="alignleft" width="300"] Passeggiando lungo la via che conduce al mare è facile osservare scene come questa[/caption]A proposito, proprio in questo articolo ho voluto utilizzare intenzionalmente alcuni termini che suoneranno alieni ai non maremmani. Esistono aree di conoscenza specifiche, come ad esempio l’arte marinaresca, che hanno necessariamente sviluppato un loro gergo che è arrivato fino a noi dalla notte dei tempi. Così, come un buon marinaio non chiamerebbe mai corda una scotta od una cima, anche un buttero non si sognerebbe di chiamare mai la corda per catturare gli animali “lazo” ma bensì “lacciaia”. Ne riporto qui di seguito i significati propri.